In questa mostra, un’antologica di centotrenta fotografie che illustrano il lavoro degli ultimi anni, si susseguono immagini grottesche e sensuali, cariche di “un erotismo denso di Humour che” – come afferma- “ho ereditato da mia madre, una donna bellissima che rideva dei numerosi corteggiatori”. Ed è proprio mamma Helga, casalinga con la passione amatoriale della fotografia, il principio insospettabile dell’arte di David LaChapelle.
Le sue immagini del tutto inventate, grottesche e impossibili, e superbamente affascinanti, dai colori violenti, dai contenuti e rappresentazioni al limite dell’oltraggio, sono lo specchio del nostro tempo: volgare, caotico, sovrapposto, spudorato, edonistico e vacuo. Dice LaChapelle: “I miei scenari preferiti sono i McDonald’s e le auto da poco”. Una frase in apparenza banale, che rivela la presa di coscienza e l’analisi spietata di un artista geniale sul suo tempo.
In questa mostra, un’antologica di centotrenta fotografie che illustrano il lavoro degli ultimi anni, si susseguono immagini grottesche e sensuali, cariche di “un erotismo denso di Humour che” – come afferma- “ho ereditato da mia madre, una donna bellissima che rideva dei numerosi corteggiatori”. Ed è proprio mamma Helga, casalinga con la passione amatoriale della fotografia, il principio insospettabile dell’arte di David LaChapelle.
Le sue immagini del tutto inventate, grottesche e impossibili, e superbamente affascinanti, dai colori violenti, dai contenuti e rappresentazioni al limite dell’oltraggio, sono lo specchio del nostro tempo: volgare, caotico, sovrapposto, spudorato, edonistico e vacuo. Dice LaChapelle: “I miei scenari preferiti sono i McDonald’s e le auto da poco”. Una frase in apparenza banale, che rivela la presa di coscienza e l’analisi spietata di un artista geniale sul suo tempo.