Augusto Betti (1919–2013) rimane orfano a nove anni. Maggiore dei suoi fratelli, lavora nella bottega ceramica Focaccia e Melandri. Non può proseguire gli studi di arte che ama, ma riesce a frequentare i corsi serali della locale Scuola Comunale di Disegno. Nel 1935 si iscrive al corso di costruzione meccanica presso l’Istituto Aeronautico di Forlì.
Partecipa alla Seconda guerra mondiale come motorista del Primo Stormo da Caccia di Udine, con missioni in Nord Africa, Grecia, Algeria. Alla fine della guerra inizia a dipingere: il primo quadro è Il ritratto di Jole (1945), la giovane moglie.
Nel 1946 tiene la sua prima personale di pittura alla Galleria Gamberini di Forlì. Nel 1947 è ammesso all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove ha per insegnanti Giorgio Morandi e Giovanni Romagnoli, Qui approfondisce la tecnica dell’affresco. In parallelo lavora nel laboratorio di restauro pittorico di Decio Podio, frequentato dai maggiori artisti bolognesi dell’epoca, e acquisisce una notevole sensibilità e padronanza dei colori.
Partecipa a una serie di mostre di pittura figurativa, ma nonostante il successo, anche commerciale, nel 1955 apre un’attività con la moglie per essere libero di dedicarsi alla sperimentazione in campo artistico. Le prime opere astratte sono quelle che lui chiama “cassette”, perché fatte a partire da scatole di legno quadrate, larghe circa un metro e profonde una dozzina di centimetri, chiuse da materiale trasparente, nelle quali inserisce elementi che creano giochi di luce e di movimento mutevoli a seconda del punto di vista. Inizia anche a sperimentare le innumerevoli possibilità dei nuovi materiali di sintesi. Di quegli anni sono anche le “semisfere”, realizzate usando come stampo il fondo di damigiane, che vengono appese e proiettano immagini colorate in movimento sulle pareti.
Il suo lavoro incontra gli interessi di Silvio Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell’Università di Milano, col quale collaborerà per diversi anni. Collabora per un periodo molto lungo anche con il Centro Pio Manzù di Rimini, contribuendo tra l’altro all’organizzazione dei Convegni Internazionali Artisti Critici e Studiosi d’Arte, in occasione dei quali conosce i maggiori artisti e critici d’arte dell’epoca, con diversi dei quali stringe un rapporto di amicizia.
Nel 1963 viene realizzata la mostra personale al Palazzo del Turismo di Riccione nell’ambito delle manifestazioni del XII Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte. Dal 1965 al 1984 insegna Disegno Professionale all’Istituto d’Arte di Faenza. Particolarmente interessato ai processi per mezzo dei quali si sviluppa la creatività, che riteneva insita in ogni essere umano fin dall’infanzia, ha effettuato approfonditi studi personali in questo campo.
Si dedica poi al design e con la ditta Habitat Sintoni di Faenza, con la quale partecipa alle più importanti esposizioni del settore, realizza: la poltrona Noodle, la lampada da terra Parete luce, il tavolo e la sedia Foemina e Austere e il tavolino Glass (1967); il divano e la poltrona Flou e la poltrona Oscillante (1968), il divano e la poltrona Prisma (1971), e la sedia Ciclope (1972).
Nel 1967 partecipa con Orgonoscopio alla Sesta Biennale d’arte Repubblica di San Marino – Nuove tecniche d’Immagine, presieduta da Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Umbro Apollonio, Gian Alberto dall’Acqua. Nel 1968 partecipa alla mostra milanese Achromes al fianco di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Piero Manzoni e altri. Dal 1980 al 1986 assume la cattedra di Teoria della Percezione all’Istituto Industrie Artistiche di Faenza.
Il Comune della sua città natale Faenza gli dedica nel 2001 la mostra Forme della vita al Palazzo delle Esposizioni e nel 2006 l’esposizione alla Galleria della Molinella. Al 2003 risale invece la mostra Riflessi, promossa dal Comune di Palazzuolo sul Senio.
Dal 2022 il marchio storico del design italiano Paradisoterrestre ha avviato un percorso di riscoperta e valorizzazione dell’opera di Augusto Betti con la mostra Augusto Betti – Trasversale • Pulsazione • Ritmo alla Galleria Paradisoterrestre di Bologna e inserendo nel proprio catalogo le riedizioni di poltrona Noodle, servizio da tè del 1975, poltrona e divano Prisma, tavolino Glass.
Augusto Betti (1919–2013) rimane orfano a nove anni. Maggiore dei suoi fratelli, lavora nella bottega ceramica Focaccia e Melandri. Non può proseguire gli studi di arte che ama, ma riesce a frequentare i corsi serali della locale Scuola Comunale di Disegno. Nel 1935 si iscrive al corso di costruzione meccanica presso l’Istituto Aeronautico di Forlì.
Partecipa alla Seconda guerra mondiale come motorista del Primo Stormo da Caccia di Udine, con missioni in Nord Africa, Grecia, Algeria. Alla fine della guerra inizia a dipingere: il primo quadro è Il ritratto di Jole (1945), la giovane moglie.
Nel 1946 tiene la sua prima personale di pittura alla Galleria Gamberini di Forlì. Nel 1947 è ammesso all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove ha per insegnanti Giorgio Morandi e Giovanni Romagnoli, Qui approfondisce la tecnica dell’affresco. In parallelo lavora nel laboratorio di restauro pittorico di Decio Podio, frequentato dai maggiori artisti bolognesi dell’epoca, e acquisisce una notevole sensibilità e padronanza dei colori.
Partecipa a una serie di mostre di pittura figurativa, ma nonostante il successo, anche commerciale, nel 1955 apre un’attività con la moglie per essere libero di dedicarsi alla sperimentazione in campo artistico. Le prime opere astratte sono quelle che lui chiama “cassette”, perché fatte a partire da scatole di legno quadrate, larghe circa un metro e profonde una dozzina di centimetri, chiuse da materiale trasparente, nelle quali inserisce elementi che creano giochi di luce e di movimento mutevoli a seconda del punto di vista. Inizia anche a sperimentare le innumerevoli possibilità dei nuovi materiali di sintesi. Di quegli anni sono anche le “semisfere”, realizzate usando come stampo il fondo di damigiane, che vengono appese e proiettano immagini colorate in movimento sulle pareti.
Il suo lavoro incontra gli interessi di Silvio Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell’Università di Milano, col quale collaborerà per diversi anni. Collabora per un periodo molto lungo anche con il Centro Pio Manzù di Rimini, contribuendo tra l’altro all’organizzazione dei Convegni Internazionali Artisti Critici e Studiosi d’Arte, in occasione dei quali conosce i maggiori artisti e critici d’arte dell’epoca, con diversi dei quali stringe un rapporto di amicizia.
Nel 1963 viene realizzata la mostra personale al Palazzo del Turismo di Riccione nell’ambito delle manifestazioni del XII Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte. Dal 1965 al 1984 insegna Disegno Professionale all’Istituto d’Arte di Faenza. Particolarmente interessato ai processi per mezzo dei quali si sviluppa la creatività, che riteneva insita in ogni essere umano fin dall’infanzia, ha effettuato approfonditi studi personali in questo campo.
Si dedica poi al design e con la ditta Habitat Sintoni di Faenza, con la quale partecipa alle più importanti esposizioni del settore, realizza: la poltrona Noodle, la lampada da terra Parete luce, il tavolo e la sedia Foemina e Austere e il tavolino Glass (1967); il divano e la poltrona Flou e la poltrona Oscillante (1968), il divano e la poltrona Prisma (1971), e la sedia Ciclope (1972).
Nel 1967 partecipa con Orgonoscopio alla Sesta Biennale d’arte Repubblica di San Marino – Nuove tecniche d’Immagine, presieduta da Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Umbro Apollonio, Gian Alberto dall’Acqua. Nel 1968 partecipa alla mostra milanese Achromes al fianco di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Piero Manzoni e altri. Dal 1980 al 1986 assume la cattedra di Teoria della Percezione all’Istituto Industrie Artistiche di Faenza.
Il Comune della sua città natale Faenza gli dedica nel 2001 la mostra Forme della vita al Palazzo delle Esposizioni e nel 2006 l’esposizione alla Galleria della Molinella. Al 2003 risale invece la mostra Riflessi, promossa dal Comune di Palazzuolo sul Senio.
Dal 2022 il marchio storico del design italiano Paradisoterrestre ha avviato un percorso di riscoperta e valorizzazione dell’opera di Augusto Betti con la mostra Augusto Betti – Trasversale • Pulsazione • Ritmo alla Galleria Paradisoterrestre di Bologna e inserendo nel proprio catalogo le riedizioni di poltrona Noodle, servizio da tè del 1975, poltrona e divano Prisma, tavolino Glass.
AUGUSTO BETTI
artista+designer
a cura di Gherardo Tonelli
in collaborazione con paradisoterrestre
INAUGURAZIONE
sabato 15 aprile 2023 dalle 15.00 alle 20.00
IN MOSTRA
da domenica 16 aprile a domenica 14 maggio 2023
tutti i giorni, ore 10.30 – 19.30
ingresso libero
ORARI SPECIALI
Milano Design Week
da martedì 18 a domenica 23 aprile 2023
dalle 10.30 alle 21.00
Augusto Betti (1919–2013) rimane orfano a nove anni. Maggiore dei suoi fratelli, lavora nella bottega ceramica Focaccia e Melandri. Non può proseguire gli studi di arte che ama, ma riesce a frequentare i corsi serali della locale Scuola Comunale di Disegno. Nel 1935 si iscrive al corso di costruzione meccanica presso l’Istituto Aeronautico di Forlì.
Partecipa alla Seconda guerra mondiale come motorista del Primo Stormo da Caccia di Udine, con missioni in Nord Africa, Grecia, Algeria. Alla fine della guerra inizia a dipingere: il primo quadro è Il ritratto di Jole (1945), la giovane moglie.
Nel 1946 tiene la sua prima personale di pittura alla Galleria Gamberini di Forlì. Nel 1947 è ammesso all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove ha per insegnanti Giorgio Morandi e Giovanni Romagnoli, Qui approfondisce la tecnica dell’affresco. In parallelo lavora nel laboratorio di restauro pittorico di Decio Podio, frequentato dai maggiori artisti bolognesi dell’epoca, e acquisisce una notevole sensibilità e padronanza dei colori.
Partecipa a una serie di mostre di pittura figurativa, ma nonostante il successo, anche commerciale, nel 1955 apre un’attività con la moglie per essere libero di dedicarsi alla sperimentazione in campo artistico. Le prime opere astratte sono quelle che lui chiama “cassette”, perché fatte a partire da scatole di legno quadrate, larghe circa un metro e profonde una dozzina di centimetri, chiuse da materiale trasparente, nelle quali inserisce elementi che creano giochi di luce e di movimento mutevoli a seconda del punto di vista. Inizia anche a sperimentare le innumerevoli possibilità dei nuovi materiali di sintesi. Di quegli anni sono anche le “semisfere”, realizzate usando come stampo il fondo di damigiane, che vengono appese e proiettano immagini colorate in movimento sulle pareti.
Il suo lavoro incontra gli interessi di Silvio Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell’Università di Milano, col quale collaborerà per diversi anni. Collabora per un periodo molto lungo anche con il Centro Pio Manzù di Rimini, contribuendo tra l’altro all’organizzazione dei Convegni Internazionali Artisti Critici e Studiosi d’Arte, in occasione dei quali conosce i maggiori artisti e critici d’arte dell’epoca, con diversi dei quali stringe un rapporto di amicizia.
Nel 1963 viene realizzata la mostra personale al Palazzo del Turismo di Riccione nell’ambito delle manifestazioni del XII Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte. Dal 1965 al 1984 insegna Disegno Professionale all’Istituto d’Arte di Faenza. Particolarmente interessato ai processi per mezzo dei quali si sviluppa la creatività, che riteneva insita in ogni essere umano fin dall’infanzia, ha effettuato approfonditi studi personali in questo campo.
Si dedica poi al design e con la ditta Habitat Sintoni di Faenza, con la quale partecipa alle più importanti esposizioni del settore, realizza: la poltrona Noodle, la lampada da terra Parete luce, il tavolo e la sedia Foemina e Austere e il tavolino Glass (1967); il divano e la poltrona Flou e la poltrona Oscillante (1968), il divano e la poltrona Prisma (1971), e la sedia Ciclope (1972).
Nel 1967 partecipa con Orgonoscopio alla Sesta Biennale d’arte Repubblica di San Marino – Nuove tecniche d’Immagine, presieduta da Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Umbro Apollonio, Gian Alberto dall’Acqua. Nel 1968 partecipa alla mostra milanese Achromes al fianco di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Piero Manzoni e altri. Dal 1980 al 1986 assume la cattedra di Teoria della Percezione all’Istituto Industrie Artistiche di Faenza.
Il Comune della sua città natale Faenza gli dedica nel 2001 la mostra Forme della vita al Palazzo delle Esposizioni e nel 2006 l’esposizione alla Galleria della Molinella. Al 2003 risale invece la mostra Riflessi, promossa dal Comune di Palazzuolo sul Senio.
Dal 2022 il marchio storico del design italiano Paradisoterrestre ha avviato un percorso di riscoperta e valorizzazione dell’opera di Augusto Betti con la mostra Augusto Betti – Trasversale • Pulsazione • Ritmo alla Galleria Paradisoterrestre di Bologna e inserendo nel proprio catalogo le riedizioni di poltrona Noodle, servizio da tè del 1975, poltrona e divano Prisma, tavolino Glass.
Augusto Betti (1919–2013) rimane orfano a nove anni. Maggiore dei suoi fratelli, lavora nella bottega ceramica Focaccia e Melandri. Non può proseguire gli studi di arte che ama, ma riesce a frequentare i corsi serali della locale Scuola Comunale di Disegno. Nel 1935 si iscrive al corso di costruzione meccanica presso l’Istituto Aeronautico di Forlì.
Partecipa alla Seconda guerra mondiale come motorista del Primo Stormo da Caccia di Udine, con missioni in Nord Africa, Grecia, Algeria. Alla fine della guerra inizia a dipingere: il primo quadro è Il ritratto di Jole (1945), la giovane moglie.
Nel 1946 tiene la sua prima personale di pittura alla Galleria Gamberini di Forlì. Nel 1947 è ammesso all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove ha per insegnanti Giorgio Morandi e Giovanni Romagnoli, Qui approfondisce la tecnica dell’affresco. In parallelo lavora nel laboratorio di restauro pittorico di Decio Podio, frequentato dai maggiori artisti bolognesi dell’epoca, e acquisisce una notevole sensibilità e padronanza dei colori.
Partecipa a una serie di mostre di pittura figurativa, ma nonostante il successo, anche commerciale, nel 1955 apre un’attività con la moglie per essere libero di dedicarsi alla sperimentazione in campo artistico. Le prime opere astratte sono quelle che lui chiama “cassette”, perché fatte a partire da scatole di legno quadrate, larghe circa un metro e profonde una dozzina di centimetri, chiuse da materiale trasparente, nelle quali inserisce elementi che creano giochi di luce e di movimento mutevoli a seconda del punto di vista. Inizia anche a sperimentare le innumerevoli possibilità dei nuovi materiali di sintesi. Di quegli anni sono anche le “semisfere”, realizzate usando come stampo il fondo di damigiane, che vengono appese e proiettano immagini colorate in movimento sulle pareti.
Il suo lavoro incontra gli interessi di Silvio Ceccato, direttore del Centro di Cibernetica e di Attività Linguistiche dell’Università di Milano, col quale collaborerà per diversi anni. Collabora per un periodo molto lungo anche con il Centro Pio Manzù di Rimini, contribuendo tra l’altro all’organizzazione dei Convegni Internazionali Artisti Critici e Studiosi d’Arte, in occasione dei quali conosce i maggiori artisti e critici d’arte dell’epoca, con diversi dei quali stringe un rapporto di amicizia.
Nel 1963 viene realizzata la mostra personale al Palazzo del Turismo di Riccione nell’ambito delle manifestazioni del XII Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte. Dal 1965 al 1984 insegna Disegno Professionale all’Istituto d’Arte di Faenza. Particolarmente interessato ai processi per mezzo dei quali si sviluppa la creatività, che riteneva insita in ogni essere umano fin dall’infanzia, ha effettuato approfonditi studi personali in questo campo.
Si dedica poi al design e con la ditta Habitat Sintoni di Faenza, con la quale partecipa alle più importanti esposizioni del settore, realizza: la poltrona Noodle, la lampada da terra Parete luce, il tavolo e la sedia Foemina e Austere e il tavolino Glass (1967); il divano e la poltrona Flou e la poltrona Oscillante (1968), il divano e la poltrona Prisma (1971), e la sedia Ciclope (1972).
Nel 1967 partecipa con Orgonoscopio alla Sesta Biennale d’arte Repubblica di San Marino – Nuove tecniche d’Immagine, presieduta da Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Umbro Apollonio, Gian Alberto dall’Acqua. Nel 1968 partecipa alla mostra milanese Achromes al fianco di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Piero Manzoni e altri. Dal 1980 al 1986 assume la cattedra di Teoria della Percezione all’Istituto Industrie Artistiche di Faenza.
Il Comune della sua città natale Faenza gli dedica nel 2001 la mostra Forme della vita al Palazzo delle Esposizioni e nel 2006 l’esposizione alla Galleria della Molinella. Al 2003 risale invece la mostra Riflessi, promossa dal Comune di Palazzuolo sul Senio.
Dal 2022 il marchio storico del design italiano Paradisoterrestre ha avviato un percorso di riscoperta e valorizzazione dell’opera di Augusto Betti con la mostra Augusto Betti – Trasversale • Pulsazione • Ritmo alla Galleria Paradisoterrestre di Bologna e inserendo nel proprio catalogo le riedizioni di poltrona Noodle, servizio da tè del 1975, poltrona e divano Prisma, tavolino Glass.