OPENING 17 settembre 2022, dalle ore 15 alle ore 20
in mostra dal 18 settembre 2022 al 8 gennaio 2023
La Fondazione Sozzani presenta la mostra “The Witness, Climate Change” con un reportage di circa venti immagini in grande formato di Max Vadukul interamente dedicato all’ambiente e agli effetti del cambiamento climatico. Vadukul ha documentato tra il 2018 e il 2020 a Mumbai e altre metropoli indiane, alcune delle aree più inquinate del mondo con uno sguardo ipnotico e stimolante, che dice la verità e pone domande.
La prima cosa che si nota nelle immagini di The Witness, Climate Change è una grande sfera metallica lucente. Questo monolite fluttua sopra discariche tossiche, si libra su distese di rifiuti, vola in mezzo al traffico frenetico e inquinante. Che cos’è esattamente questo intruso? Per Vadukul è una sorta di osservatore cosmico, un testimone che osserva il devastante impatto dell’uomo sull’ambiente e gli effetti del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, forse la sfera rappresenta un nuovo futuro e la possibilità di migliorare.
Max Vadukul è uno dei pochissimi fotografi della sua generazione a proseguire la tradizione della foto artistica di reportage. I suoi progetti sono spesso legati ad aspetti naturalistici e culturali che si aprono a letture su più livelli. Le sue immagini, perfette in termini di creatività formale e di capacità tecnica, si strutturano sempre visivamente come elemento di mediazione tra l’individuazione di un tema narrativo e il suo personalissimo linguaggio creativo.
“La mia passione per il reportage d’arte si è ora orientata verso il tema del cambiamento climatico. Ho pensato di ampliare il mio recente progetto “Witness” iniziato nel 2018 nei dintorni di Mumbai e Kolkatta. In queste immagini si trova spesso una sfera. Le persone la guardano e cercano di capire perché è lì e cosa rappresenta. La realtà è davanti alla sfera infinita, dietro la sfera cosmica, sopra e sotto di essa, è un globo simile al nostro pianeta. L’ho creato perché intendo raccontare la verità con la forza dell’immagine stessa, senza manipolazioni. Vorrei mostrare i luoghi più belli che stiamo perdendo per mancanza di consapevolezza e di attenzione, le aree che stanno già subendo i reali e potenti effetti del cambiamento climatico; i santuari naturali incontaminati e le specie selvatiche del pianeta, in diminuzione e a rischio di estinzione a causa di questi cambiamenti. Ma vorrei anche contrastare l’allarmismo mostrando la bellezza che il nostro agire può rendere possibile.”
Max Vadukul è nato a Nairobi, in Kenya, nel 1961, da genitori indiani. Le loro famiglie facevano parte della diaspora Gujarati dei primi del Novecento che si stabilì in quella che allora era l’Africa orientale britannica. All’età di nove anni, durante i disordini che seguirono l’indipendenza del Kenya, si trasferì in Inghilterra e crebbe in un quartiere popolare del nord di Londra. Alla scuola elementare, Vadukul prese in mano una macchina fotografica che si trovava in casa – suo padre lavorava per Zeiss, il produttore tedesco di lenti – e da quel momento in poi il suo obiettivo è stato quello di diventare un fotografo. All’età di 22 anni fu scoperto da Yohji Yamamoto, che lo ingaggiò per realizzare alcune delle sue prestigiose campagne pubblicitarie. Da quel momento Vadukul iniziò a lavorare per Vogue Paris accanto a David Bailey, Paolo Roversi, Deborah Turbeville, Barry Lategan e Helmut Newton. Il lavoro di Vadukul abbraccia trentotto anni con importanti capitoli creativi per Rolling Stone, Esquire, Égoïste, W, Town & Country e The New Yorker, dove, nel 1996, ha sostituito Richard Avedon. Nel 2000 ha pubblicato il libro “Max: Photographs by Max Vadukul”. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali e collettive, tra cui: “Beyond Words: Photography in The New Yorker”, presso la Howard Greenberg Gallery (2011); “Yohji’s Women” presso il Wapping Project Bankside (2011) e “Who Shot Rock & Roll: A Photographic History 1955 to the Present”, al Brooklyn Museum of Art (2009). Premiato di recente al Taormina Fashion Festival, Vadukul sta preparando la prossima esposizione a presso la Al Safa Art and Design Library di Dubai.
Max Vadukul è nato a Nairobi, in Kenya, nel 1961, da genitori indiani. Le loro famiglie facevano parte della diaspora Gujarati dei primi del Novecento che si stabilì in quella che allora era l’Africa orientale britannica. All’età di nove anni, durante i disordini che seguirono l’indipendenza del Kenya, si trasferì in Inghilterra e crebbe in un quartiere popolare del nord di Londra. Alla scuola elementare, Vadukul prese in mano una macchina fotografica che si trovava in casa – suo padre lavorava per Zeiss, il produttore tedesco di lenti – e da quel momento in poi il suo obiettivo è stato quello di diventare un fotografo. All’età di 22 anni fu scoperto da Yohji Yamamoto, che lo ingaggiò per realizzare alcune delle sue prestigiose campagne pubblicitarie. Da quel momento Vadukul iniziò a lavorare per Vogue Paris accanto a David Bailey, Paolo Roversi, Deborah Turbeville, Barry Lategan e Helmut Newton. Il lavoro di Vadukul abbraccia trentotto anni con importanti capitoli creativi per Rolling Stone, Esquire, Égoïste, W, Town & Country e The New Yorker, dove, nel 1996, ha sostituito Richard Avedon. Nel 2000 ha pubblicato il libro “Max: Photographs by Max Vadukul”. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali e collettive, tra cui: “Beyond Words: Photography in The New Yorker”, presso la Howard Greenberg Gallery (2011); “Yohji’s Women” presso il Wapping Project Bankside (2011) e “Who Shot Rock & Roll: A Photographic History 1955 to the Present”, al Brooklyn Museum of Art (2009). Premiato di recente al Taormina Fashion Festival, Vadukul sta preparando la prossima esposizione a presso la Al Safa Art and Design Library di Dubai.
MAX VADUKUL, THE WITNESS
climate change
OPENING 17 settembre 2022, dalle ore 15 alle ore 20
in mostra dal 18 settembre 2022 al 8 gennaio 2023
La Fondazione Sozzani presenta la mostra “The Witness, Climate Change” con un reportage di circa venti immagini in grande formato di Max Vadukul interamente dedicato all’ambiente e agli effetti del cambiamento climatico. Vadukul ha documentato tra il 2018 e il 2020 a Mumbai e altre metropoli indiane, alcune delle aree più inquinate del mondo con uno sguardo ipnotico e stimolante, che dice la verità e pone domande.
La prima cosa che si nota nelle immagini di The Witness, Climate Change è una grande sfera metallica lucente. Questo monolite fluttua sopra discariche tossiche, si libra su distese di rifiuti, vola in mezzo al traffico frenetico e inquinante. Che cos’è esattamente questo intruso? Per Vadukul è una sorta di osservatore cosmico, un testimone che osserva il devastante impatto dell’uomo sull’ambiente e gli effetti del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, forse la sfera rappresenta un nuovo futuro e la possibilità di migliorare.
Max Vadukul è uno dei pochissimi fotografi della sua generazione a proseguire la tradizione della foto artistica di reportage. I suoi progetti sono spesso legati ad aspetti naturalistici e culturali che si aprono a letture su più livelli. Le sue immagini, perfette in termini di creatività formale e di capacità tecnica, si strutturano sempre visivamente come elemento di mediazione tra l’individuazione di un tema narrativo e il suo personalissimo linguaggio creativo.
“La mia passione per il reportage d’arte si è ora orientata verso il tema del cambiamento climatico. Ho pensato di ampliare il mio recente progetto “Witness” iniziato nel 2018 nei dintorni di Mumbai e Kolkatta. In queste immagini si trova spesso una sfera. Le persone la guardano e cercano di capire perché è lì e cosa rappresenta. La realtà è davanti alla sfera infinita, dietro la sfera cosmica, sopra e sotto di essa, è un globo simile al nostro pianeta. L’ho creato perché intendo raccontare la verità con la forza dell’immagine stessa, senza manipolazioni. Vorrei mostrare i luoghi più belli che stiamo perdendo per mancanza di consapevolezza e di attenzione, le aree che stanno già subendo i reali e potenti effetti del cambiamento climatico; i santuari naturali incontaminati e le specie selvatiche del pianeta, in diminuzione e a rischio di estinzione a causa di questi cambiamenti. Ma vorrei anche contrastare l’allarmismo mostrando la bellezza che il nostro agire può rendere possibile.”
Max Vadukul è nato a Nairobi, in Kenya, nel 1961, da genitori indiani. Le loro famiglie facevano parte della diaspora Gujarati dei primi del Novecento che si stabilì in quella che allora era l’Africa orientale britannica. All’età di nove anni, durante i disordini che seguirono l’indipendenza del Kenya, si trasferì in Inghilterra e crebbe in un quartiere popolare del nord di Londra. Alla scuola elementare, Vadukul prese in mano una macchina fotografica che si trovava in casa – suo padre lavorava per Zeiss, il produttore tedesco di lenti – e da quel momento in poi il suo obiettivo è stato quello di diventare un fotografo. All’età di 22 anni fu scoperto da Yohji Yamamoto, che lo ingaggiò per realizzare alcune delle sue prestigiose campagne pubblicitarie. Da quel momento Vadukul iniziò a lavorare per Vogue Paris accanto a David Bailey, Paolo Roversi, Deborah Turbeville, Barry Lategan e Helmut Newton. Il lavoro di Vadukul abbraccia trentotto anni con importanti capitoli creativi per Rolling Stone, Esquire, Égoïste, W, Town & Country e The New Yorker, dove, nel 1996, ha sostituito Richard Avedon. Nel 2000 ha pubblicato il libro “Max: Photographs by Max Vadukul”. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali e collettive, tra cui: “Beyond Words: Photography in The New Yorker”, presso la Howard Greenberg Gallery (2011); “Yohji’s Women” presso il Wapping Project Bankside (2011) e “Who Shot Rock & Roll: A Photographic History 1955 to the Present”, al Brooklyn Museum of Art (2009). Premiato di recente al Taormina Fashion Festival, Vadukul sta preparando la prossima esposizione a presso la Al Safa Art and Design Library di Dubai.
Max Vadukul è nato a Nairobi, in Kenya, nel 1961, da genitori indiani. Le loro famiglie facevano parte della diaspora Gujarati dei primi del Novecento che si stabilì in quella che allora era l’Africa orientale britannica. All’età di nove anni, durante i disordini che seguirono l’indipendenza del Kenya, si trasferì in Inghilterra e crebbe in un quartiere popolare del nord di Londra. Alla scuola elementare, Vadukul prese in mano una macchina fotografica che si trovava in casa – suo padre lavorava per Zeiss, il produttore tedesco di lenti – e da quel momento in poi il suo obiettivo è stato quello di diventare un fotografo. All’età di 22 anni fu scoperto da Yohji Yamamoto, che lo ingaggiò per realizzare alcune delle sue prestigiose campagne pubblicitarie. Da quel momento Vadukul iniziò a lavorare per Vogue Paris accanto a David Bailey, Paolo Roversi, Deborah Turbeville, Barry Lategan e Helmut Newton. Il lavoro di Vadukul abbraccia trentotto anni con importanti capitoli creativi per Rolling Stone, Esquire, Égoïste, W, Town & Country e The New Yorker, dove, nel 1996, ha sostituito Richard Avedon. Nel 2000 ha pubblicato il libro “Max: Photographs by Max Vadukul”. Il suo lavoro è stato oggetto di numerose mostre personali e collettive, tra cui: “Beyond Words: Photography in The New Yorker”, presso la Howard Greenberg Gallery (2011); “Yohji’s Women” presso il Wapping Project Bankside (2011) e “Who Shot Rock & Roll: A Photographic History 1955 to the Present”, al Brooklyn Museum of Art (2009). Premiato di recente al Taormina Fashion Festival, Vadukul sta preparando la prossima esposizione a presso la Al Safa Art and Design Library di Dubai.